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Manutenzione predittiva: breve guida e ‘must-have’ checklist

Manutenzione predittiva: breve guida e ‘must-have’ checklist
Artificial Intelligence Digital Transformation

Tutti ne parlano, nessuno sa come farla veramente, ma siccome tutti pensano che gli altri se ne stiano servendo, tutti affermano a loro volta di usarla! Di cosa parliamo? Della manutenzione predittiva, ovviamente! Frutto della trasformazione digitale e della sempre maggiore quantità di dati a disposizione, sta emergendo come uno dei casi d’uso di maggior successo in ambito Industria 4.0. Ma cosa si intende esattamente per manutenzione predittiva? Quali vantaggi comporta? E, soprattutto, è sempre possibile o ci sono dei limiti da tenere presente? Proviamo a dare delle risposte.

Dan Ariely

Manutenzione predittiva: una definizione

Partiamo con ordine e con una semplice definizione: la manutenzione predittiva si riferisce ad un sistema in grado di rilevare i primi segnali di malfunzionamento di un impianto produttivo, di un singolo macchinario o di un suo componente, e segnalare al manutentore l’esigenza di un intervento tempestivo. Infatti, un sistema di manutenzione predittiva è in grado di intercettare dove si trovi il problema, perché sta accadendo, se si tratta di un errore o di un principio di guasto vero e proprio e, in quest’ultimo caso, quando potrebbe verificarsi in futuro.

La manutenzione predittiva non è fantascienza, viene infatti già adottata in diversi settori, in particolare in quelli dove l’affidabilità è un aspetto cruciale, come per esempio le centrali elettriche, le utilities, i sistemi di trasporto, di comunicazione e i servizi di emergenza.

Si stima che nel 2021 il valore di questo mercato si aggiri intorno ai 4,9 milioni di dollari ( Markets & Markets ), quasi il triplo rispetto al 2016, e che sia destinato a salire fino a 6,3 miliardi nel 2022 ( Market Research Future ) e a ben 12,3 nel 2025 ( Capgemini ). È facile quindi capire perché vi sia così tanto interesse (e rumore!) attorno a questo argomento.

I vantaggi della manutenzione predittiva

Secondo Capgemini , azienda internazionale francese di consulenza digitale e servizi ingegneristici, la manutenzione predittiva ha il potenziale di ridurre:

  • i costi di manutenzione di un dispositivo o impianto fino al 25%,
  • i guasti fino al 70%,
  • i tempi di fermo macchina del 50%,
  • le riparazioni programmate del 12%.

Analogamente, lo studio Anticipate the Future pubblicato nel 2019 dalla società di consulenza Porsche consulting, sostiene che una gestione predittiva dell’uso dei macchinari industriali, possa portare ad un incremento del 30% dell’utilizzo degli asset stessi. Lo stesso studio riporta inoltre una stima dei risparmi sui costi di manutenzione per specifici settori: 30% per il settore aereo, 20% per i settori ferroviario, eolico ed industriale-automobilistico, e fino ad un 40% per il settore estrattivo.

Questi benefici hanno il potere di migliorare significativamente la competitività di chi adotta tali soluzioni; da qui il forte interesse per il tema da parte dell’industria. Tuttavia, se da un lato la domanda di innovazione è sicuramente un fatto positivo, dall’altro lato questo forte interesse ha portato anche a semplificazioni e distorsioni a livello di comunicazione. Andando dritti al punto: la manutenzione predittiva non è magia nera, ma è comunque un sistema complesso che pone delle pre-condizioni e che, per essere correttamente attuato, richiede competenze specialistiche non comuni.

Tipologie di manutenzione (con annessi vantaggi e svantaggi)

La manutenzione predittiva non è l’unica tipologia di manutenzione esistente, ma soltanto l’ultima tappa di un percorso evolutivo abilitato dalla sempre maggiore diffusione di tecnologie IoT (in particolare di sensoristica avanzata) e dallo sviluppo di nuovi modelli e metodi di Machine Learning.

Volendo ripercorrere quelli che sono stati i vari tipi di manutenzione nel corso della storia, si possono individuare 3 macro categorie: manutenzione correttiva, manutenzione preventiva e manutenzione predittiva.

Manutenzione correttiva

La manutenzione correttiva consiste nel sostituire un dispositivo (macchinario o altro componente dell’impianto) quando è ormai rotto. Questo tipo di approccio non comporta costi iniziali, e non richiede un dispendio di tempo e denaro aggiuntivo se non quello necessario per la riparazione. D’altro canto ciò comporta una vita più breve dell’asset, rischi in termini di sicurezza e una potenziale perdita di guadagno dovuta al tempo di fermo tecnico e alla mancata operatività. Fatte queste premesse, può sorgere spontaneo chiedersi se valga la pena considerare valida questa tipologia di manutenzione; ebbene, se il costo e il tempo richiesto per la sostituzione sono considerati trascurabili, la sola manutenzione correttiva può risultare sufficiente.

Manutenzione preventiva

La manutenzione preventiva consiste invece nel programmare la sostituzione di determinati componenti in base ad una stima del loro ciclo di vita. Ciò si traduce nella volontà di non aspettare che qualcosa si rompa, come nel primo caso, ma di prevenirne la rottura. Per fare una similitudine, pensiamo ai controlli periodici a cui sottoponiamo la nostra autovettura e alle sostituzioni / operazioni svolte dal meccanico sulla base del chilometraggio. Nonostante questo tipo di manutenzione permetta di ridurre il numero di rotture, rimane un grosso svantaggio: la sostituzione del dispositivo avviene indipendentemente dal suo stato, rischiando quindi di sostituirne alcuni troppo presto e altri troppo tardi.

Manutenzione predittiva

Mentre i primi due metodi prescindono da quello che è lo stato attuale del dispositivo, la manutenzione predittiva sfrutta sia i dati storici del dispositivo, sia i dati in tempo reale provenienti dai sensori ad esso collegati, fornendo in ogni istante un’istantanea accurata sul suo stato di salute. In questo modo, così come accade nella manutenzione preventiva, si è in grado di ridurre il numero di guasti o di rotture indesiderate; la differenza, tuttavia, è che la manutenzione avviene soltanto al bisogno, evitando di agire troppo presto o troppo tardi. Tutto ciò comporta una riduzione dei costi di manodopera, dei costi dei macchinari e dei tempi di produzione persi, con un conseguente aumento dei ricavi e della sicurezza dell’impianto, e quindi dei lavoratori.

Model based vs. Data-driven

A livello concettuale, un sistema di manutenzione predittiva può basarsi su due approcci diversi: un approccio model-based o uno data-driven.

Nell’approccio model-based un’equipe di ingegneri e progettisti costruisce a tavolino un modello di osservazione del dispositivo in grado di determinarne lo stato di salute sulla base di determinati valori misurati dai sensori.

Nell’approccio data-driven, invece, i dati generati dai sensori non vengono impiegati come variabili a modello terminato, bensì per costruire il modello stesso. Non sono quindi richiesti ingegneri esperti del settore, del macchinario o dell’impianto, ma professionisti dei dati, i data scientist, la cui specialità consiste nel maneggiare grandi moli e di analizzarli al fine di estrarne valore.

L’idea di base è che, guardando solo ai dati, si possa dedurre lo stato di salute del dispositivo e quando si romperà, senza preoccuparsi di cosa faccia il dispositivo o cosa ci sia dentro. Centrale nucleare? Attuatore elettromeccanico? Inverter? In questo approccio è concettualmente indifferente cosa sia il dispositivo: l’unica cosa che conta sono i dati.

Tuttavia, una precisazione è doverosa: sebbene tale approccio sia estremamente potente, nella pratica esso si scontra con dei limiti pratici, che ne limitano (o inibiscono tout court) l’applicazione.

La checklist per la manutenzione predittiva

Un sistema di manutenzione predittiva che si basi su un approccio data-driven ed in particolare su algoritmi di Intelligenza Artificiale, richiede infatti una serie di precondizioni che non sempre, nella realtà, sono soddisfatti nella loro totalità.

Innanzitutto, è necessario che il dispositivo da monitorare sia dotato di sensori in grado di rilevare quelle misure funzionali alla determinazione dello stato di salute del dispositivo stesso. Quindi non basta che ci siano dei sensori, ma questi sensori devono raccogliere quei parametri utili a capire lo stato di salute del dispositivo. E, ahinoi, non è sempre questo il caso.

Prendiamo l’esempio di un motore elettrico: tipicamente avremo dei sensori per monitorare il numero di giri (aspetto funzionale del dispositivo), tuttavia un parametro utile per capire lo stato di salute (usura) è l’assorbimento di corrente, il che può richiedere l’installazione di sensoristica aggiuntiva.

Ma non basta che il dispositivo sia sensorizzato, e che i sensori misurino quello che serve; occorre che ci sia anche la possibilità di raccogliere tali dati, salvarli e accedervi da remoto, idealmente in tempo reale. In altre parole, il dispositivo deve essere connesso.

Una volta garantita l’infrastruttura hardware e software per la raccolta dei dati, occorre poi disporre di uno storico (database) sufficientemente ampio che contenga le rilevazioni dei sensori connessi al dispositivo relative a diverse modalità di funzionamento, comprese casistiche di rotture e malfunzionamenti di vario tipo in misura sufficiente rispetto alla totalità del database. Inoltre, è importante che tali dati siano machine-readable e annotati, cioè in grado di fornire all’algoritmo di IA una classificazione leggibile e rilevante relativa al funzionamento del dispositivo.

Ma di quale volume di dati leggibili e annotati stiamo parlando? Ovviamente dipende dal tipo di dispositivo e di rotture possibili, ma per dare un’idea diciamo che un paio d’anni di storico e qualche centinaio di rotture sono il minimo per riuscire ad allenare un modello di IA.

E se questi dati non ci sono perché magari il dispositivo è nuovo oppure perché non si è rotto “abbastanza spesso”? Una possibile soluzione consiste nell’eseguire degli stress test su banco prova con l’obiettivo di individuare le problematiche che potrebbero insorgere durante l’arco di vita del dispositivo. È da non sottovalutare, tuttavia, che tale approccio rischia di danneggiare parzialmente o anche irrimediabilmente l’asset a disposizione, per cui il gioco non varrebbe la candela..

Per ovviare a tale problema, si può creare una simulazione virtuale del dispositivo, cioè un software in grado di clonarne il comportamento reale. Anche in questo caso, però, è difficile immaginare tutti i possibili scenari e comprendere le cause naturali (reali) alla base di guasti e malfunzionamenti. Insomma, come ormai appare sempre più chiaro, stiamo restringendo di molto i casi in cui si riesca ad usare l’IA cum grano salis.

Conclusione

Se siete arrivati a questo punto con più dubbi che certezze sulla fattibilità della manutenzione predittiva, bene, era proprio il nostro obiettivo! Ma non scoraggiatevi! In U-Hopper conosciamo bene la realtà e vogliamo quindi mettervi in guardia dall’errata convinzione che la manutenzione predittiva sia una strategia facile e veloce da implementare ed adottare.

Per concludere, vogliamo prendere in prestito un’ultima similitudine: una soluzione basata su un algoritmo di Intelligenza Artificiale è un po’ come la ricetta di un dolce; occorrono gli ingredienti giusti, nella giusta quantità, ed è necessario rispettare i giusti tempi di cottura. Solo in questo modo si ottiene un dolce a regola d’arte! Similmente, solo se viene seguita la sua ricetta alla lettera, anche la manutenzione predittiva riuscirà a portare dei benefici tangibili, continuando in quella crescita esponenziale già iniziata negli ultimi anni e destinata a cambiare per sempre il processo produttivo.